domenica 12 febbraio 2012

Quanti punti di sutura?

Mentre scrivo, Whitney mi accompagna con una delle canzoni più significative per me; era l'86-87, e, finalmente, facevo pace con me stessa e assumevo come dato di fatto la morte di mia madre.
Per chi non ha potuto salutare, per chi non ha avuto modo di scrivere "fine", è difficile credere che una cosa finisca. Così lo è stato per me, dai sei ai quattordici... otto lunghi anni a prendermela con me stessa che l'avevo fatta andare via.  Poi è arrivata l'adolescenza con le sue domande irrisolte, ma con il coraggio di porsele per poter cercare di abbozzarne una, di risposta.
E' da ieri che penso che il tema di questo post è la "felicità".
Dopo qualche ora in Pronto Soccorso con Matteo, ove, come consuetudine, l'attesa è l'unica certezza che sai di affrontare  davanti alla tua, che ti pare l'emergenza più grande del mondo, e poi ti accorgi che di emergenze ce ne sono sempre di più grandi delle tue, vero o falso che sia...
Niente di chè, cioè, da mamma penso che il visetto da bimbo del mio, ormai quasi quattordicenne, figlio resterà per sempre deturpato dalla sutura ma, poi, penso che anche i punti di sutura abbiano qualcosa da raccontare. E ognuno ha i propri.
Comunque, attendavamo, interminabili decine di minuti, che diventavano ore, e nel frattempo, la ferita all'arco sopraciliare sinistro, piano piano, iniziava a cicatrizzare. Il plasma faceva il suo dovere e, col passare del tempo, creava una specie di "colla" biologica, dandosi da fare nel migliore dei modi che conosce, per rimediare, riaggiustare, ricomporre.
Ripensandoci, stamattina, mentre aspettava il suo turno per al doccia, Matteo mi raccontava di aver visto, a scuola, durante Scienze, un documentario di Alberto Angela, che parlava proprio del potere del nostro corpo di autorigenerarsi. Specialmente alla presenza del Sole, indispensabile per l'attivazione della vitamina D.  Ora, io non sono esattamente una scienziata, così lo stupore mi ha fatto esclamare "Vedi che Dio ci ha creati per la luce, e non per le tenebre?" . Mi meraviglio di me stessa, alle volte paio proprio una quasi "talebana", eppure... eppure...
Eppure, sotto l'onda d'aria calda del phon, mentre mi asciugavo i capelli, pensavo che è così sempre più vero, nella mia vita, che siamo proprio fatti per la felicità.  Quando siamo tristi, piangiamo. Quando abbiamo un dolore, piangiamo; non siamo fatti per l'infelicità, anche quando, spesso, gli avvenimenti della vita ce ne vorrebbero convincere, da buoni esistenzialisti,  l'ineluttabilità della vita...  più guardo indietro e più mi accorgo che è  proprio il contrario.
E che molte volte senza esserne pienamente cosciente remo contro ciò che mi renderebbe più me stessa, attraverso decisioni sbagliate, modo di fare contrari alla mia natura.
Siamo, sono, assetata di felicità.
Lo era anche lei, Whitney. Lo erano tanti altri che hanno perduto la ricchezza più grande, la vita, per non aver saputo dove fosse la "guarigione",dove abitasse la "felicità". 
E' questo che vorrei riuscire a trasmettere ai miei figli, come mamma. Con l'aiuto del Signore.
Per questo, oggi, non sono riuscita a finire la preghiera per i ragazzi che si presentavano alla nostra comunità per prepararsi alla Confermazione, la voce rotta dal pianto.
Guida Signore i passi di ciascuno di noi, chè non siano lievi come orme nella neve, che  basta poco a cancellarne il segno... che non dobbiamo per forza moltiplicare il fare, i "segni"... poche cose, pochi segni, pochi oggetti, giusto l'essenziale : l'essere, Signore.

Guarisci il nostro "essere"/"stare" in questo mondo, oggi, nel mio quartiere, nel mio lavoro, soprattutto nei miei rapporti .

Donami il coraggio di non volere sempre ricorrere al chirurgo plastico, chè nasconda le mie cicatrici, perchè spesso, sono queste a renderci più umani.

buona domenica.



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