giovedì 15 novembre 2012

Borbottando sulla fede. Pedagogia del desiderio...

Mi è capitato tra le mani questo scritto. Non per caso, in realtà, son giorni che rifletto su alcuni aspetti di me stessa.

(...)nemmeno la persona amata, infatti, è in grado di saziare il desiderio che alberga nel cuore umano, anzi, tanto più autentico è l’amore per l’altro, tanto maggiormente esso lascia dischiudere l’interrogativo sulla sua origine e sul suo destino, sulla possibilità che esso ha di durare per sempre. Dunque, l’esperienza umana dell’amore ha in sé un dinamismo che rimanda oltre se stessi, è esperienza di un bene che porta ad uscire da sé e a trovarsi di fronte al mistero che avvolge l’intera esistenza.

Considerazioni analoghe si potrebbero fare anche a proposito di altre esperienze umane, quali l’amicizia, l’esperienza del bello, l’amore per la conoscenza: ogni bene sperimentato dall’uomo protende verso il mistero che avvolge l’uomo stesso; ogni desiderio che si affaccia al cuore umano si fa eco di un desiderio fondamentale che non è mai pienamente saziato. Indubbiamente da tale desiderio profondo, che nasconde anche qualcosa di enigmatico, non si può arrivare direttamente alla fede. L’uomo, in definitiva, conosce bene ciò che non lo sazia, ma non può immaginare o definire ciò che gli farebbe sperimentare quella felicità di cui porta nel cuore la nostalgia. Non si può conoscere Dio a partire soltanto dal desiderio dell’uomo. Da questo punto di vista rimane il mistero: l’uomo è cercatore dell’Assoluto, un cercatore a passi piccoli e incerti. E tuttavia, già l’esperienza del desiderio, del «cuore inquieto» come lo chiamava sant’Agostino, è assai significativa. Essa ci attesta che l’uomo è, nel profondo, un essere religioso (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 28), un «mendicante di Dio». Possiamo dire con le parole di Pascal: «L’uomo supera infinitamente l’uomo» (Pensieri, ed. Chevalier 438; ed. Brunschvicg 434). Gli occhi riconoscono gli oggetti quando questi sono illuminati dalla luce. Da qui il desiderio di conoscere la luce stessa, che fa brillare le cose del mondo e con esse accende il senso della bellezza.
 
Non svelerò l'autore, tanto lo si può trovare nel giro di pochi secondi, digitando una delle frasi ivi contenute.
Mi è piaciuto, perchè riflette un po' alcuni aspetti che mi riguardano, ma anche altri che mi inquietano, e che richiedono un po' di faticosa conversione, perchè, mi accorgo, se tutto fosse così semplice, così lineare, allora, perchè il mio essere/voler essere una cristiana in questo tempo storico, non basta per trasmettere quello che il mio cuore sente?
Qual'è il passo successivo, quello che viene dopo il dire : "Si, io credo?".
Perchè spesso penso che sto testimoniandolo, questo mio credo, e chi mi sta intorno non lo percepisce?
....Profonda ammirazione per Sant'Agostino, sempre di più...




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