martedì 24 aprile 2018

Posti rubati

Stamattina sono arrivata a messa senza sapere cosa mi aspettasse.

Le campane a festa mi avevano già  insospettita e, al sentire i rintocchi, mi son chiesta: "Quale sorpresa ci sarà oggi?".

Dalle nuove disposizioni in materia di catechesi e  nuova evangelizzazione, almeno qui in città, per le comunità che hanno aderito, i bimbi ricevono due sacramenti insieme, Confermazione e Prima Comunione; oltre a questo, oggi c'era pure un battesimo.
Nonostante qualche anno di esperienza in questo "ambiente" ancora non so nel cuore quale sia "la miglior scelta". Penso che la sostanza non stia in cosa sia meglio"fare" ma in cosa "sia meglio vivere" e -di certo non è una scoperta di cui posso rivendicare il copyright- la Vita si scopre vivendo ciò che si celebra, in  un gerundio continuo, nonostante le nostre "povere" illusioni; ci illudiamo e pensiamo che il rito -qualsiasi rito- sancisca ed infonda magicamente tutto quel che ce da dire e da sapere su quel che si celebra in quel momento.


Ma, in tutta onestà,  non di questo volevo scrivere, ma, piuttosto del moto iniziale di stizza che nasce nel cuore di  chi partecipa alla messa domenicale, e in occasioni come queste, non veda un volto conosciuto che sia uno. Ti viene da dire "ma questi, Chi sono?".  "E perché hanno "occupato" tutta la chiesa ?"  " mi tocca stare in piedi due ore!"  ... e via via ...

Poi però ti accorgi che, invece, è una formidabile occasione.
Imperdibile.
Andare allo zoo, non farebbe lo stesso effetto. Un vero e proprio concentrato di ogni specie umana-caratteriale intendo.
La mamma col neonato, carrozzina occupante due metri quadrati al seguito, nonché nonna, zio anziano, marito con le scatole girate, nipote e relativa morosa con la quale non ha mai smesso di pomiciare da inizio a fine messa, il fratello che, annoiato, sfila dalle tasche cellulare e si fa i fatti suoi, e tutto un sottobosco di chi entra guarda ed esce, non prima di aver salutato Tony e Bepi "che ze tanto che no se vedemo. Se rifazemo dopo, in ristorante. Viento anca ti?" . Tutto questo mentre dall'altare giungono le consuete quanto sacre parole della Consacrazione.

E così, mi trovo ad amare visceralmente questa mia piccola comunità liquida, in cui c è spazio per tutti e ogni cosa avviene, perchè è così, nella Vita, quella vera.

Troppo abituata a pensare al perfetto, al virtuale, all'ideale, a volte non mi rendo conto che tutto quel che accade obbedisce ad uno spartito che non ho scritto io, ne mai scriverò. 
Ma la musica che ne prende origine è meravigliosa.

Questo è il tempo in cui vivo. 
Questo è lo spazio che occupo. 

Per quanto spesso mi tornino in mente le parole di Madre Teresa, quando diceva di se stessa essere "la matita di Dio", da qualche giorno penso che non basti desiderarlo, occorre -forse -  non avere pronta la gomma da cancellare !

Credo sia impegnativo pensare al Signore e al fatto che c'è in ciascuno di noi, anche nel collega che ti insulta o che sbraita forte. Si. 
Credo sia arduo provare a rimanere se stessi, ogni volta che veniamo sfidati dagli eventi che accadono. Non sono qui a dire che sia facile.  O che  sia l'unico modo, il migliore.  Ma è l'unico modo che trovo per me, perchè alla fine del giorno, possa sentire di aver vissuto "del mio meglio" . Già questo mi rasserena.
Credo siano tutti rischi che ci dobbiamo prendere,se vogliamo che il mondo sia un posto migliore. Per noi, per chi verrà. 






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