sabato 1 settembre 2018

Tasche bucate / tasche appiccicose.


Siamo cosi fragili che basta un niente per farci stare male.
Siamo cosi fragili...

Nell'ambito dell'acceso (!)dibattito in CommissioneEuropea sulla fine dell'ora legale, in questi giorni, ho sentito un'intervista ad un medico il quale sosteneva - e io ci credo!- che anche una variazione di poche decine di minuti, può arrecare conseguenze nel metabolismo.

Quante cose sono accadute in queste mie settimane di silenzio...  l'estate, il caldo lunghissimo, omicidi di ogni tipo, immigrazione, Genova, stupri, pedofilia, scandali sessuali... incredibile come, nel giro di un arco di tempo cosi relativamente breve, tutte queste vicende si ammassano nelle nostre coscienze; ovvero, ci raggiungono, anche se non lo volessimo, nel girone paradisiaco/infernale qual è la connessione ininterrotta con la quale tutti viviamo in osmosi.

A voler riassumere in poche parole queste otto settimane circa, dovrei dire "fatica"; invece dico "vita". 

E mi piace pensarmi come un vetro trasparente, sul quale si può scrivere ogni sorta di storia, di infamia, di esperienza, di parolaccia come nei muri dei bagni degli autogrill, o di complimento, come nei muri delle nostre bacheche di Facebook. 

E' questa la mia Vita ed il mio Tempo. E non "mi tocca viverlo": lo vivo e basta, come meglio mi riesce, per tentativi ed errori, più che per concetti raggiunti e verità in tasca, chè, tanto, le mie tasche son sempre o bucate o appiccicose di caramella dimenticata,messa li, "se per caso servisse ... un calo di zuccheri..." . 

Penso non sia giusto procurare vergogna. Hai presente quella sensazione di vergogna che senti per qualcuno che ti sta a cuore, quando sbaglia? E' quel tipo di vergogna che fa presto, molto presto, a convertirsi in rabbia.  Ecco, la rabbia. 
Da Wikipedia : Con il termine ira (spesso sostituito da "furia", "collera" o, impropriamente, "rabbia") si indica uno stato psichico alterato, in genere suscitato da elementi di provocazione capaci di rimuovere i freni inibitori che normalmente stemperano le scelte del soggetto coinvolto. L'iracondo prova una profonda avversione verso qualcosa o qualcuno, ma in alcuni casi anche verso se stesso.[1]

Penso a quali potrebbero essere questi elementi di provocazione...

Se, come dice Qualcuno,
Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro (...) Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

allora, è necessario che mi guardi dentro. Bene. 
Non serve uno specchio. 
Basta chiudere gli occhi. 
Pensare a ciò che sono, a come lo sono e a quanto, la risposta a queste due domande, influisce su chi incontro, chi mi sta accanto, chi amo e chi non amo abbastanza.






E, per concludere, oggi ho "trovato" Juan Arias.  


Condivido qui di seguito, questo suo scritto. 
Da leggere lentamente. Per capire, io, "per chi cammino?"


Il mio Dio non è un Dio duro, impenetrabile,
insensibile, stoico, impassibile.
Il mio Dio è fragile.
E' della mia razza.
E io della sua.
Lui è uomo e io quasi Dio.
Perché io potessi assaporare la divinità
Lui amò il mio fango.
L'amore ha reso fragile il mio Dio.
Il mio Dio ebbe fame e sonno e si riposò.
Il mio Dio fu sensibile.
Il mio Dio si irritò, fu passionale,
e fu dolce come un bambino.
Il mio Dio fu nutrito da una madre,
ne sentì e bevve tutta la tenerezza femminile.
Il mio Dio tremò dinnanzi alla morte.
Non amò mai il dolore, non fu mai amico
della malattia. Per questo curò gli infermi.
Il mio Dio patì l'esilio,
fu perseguitato e acclamato.
Amò tutto quanto è umano, il mio Dio:
le cose e gli uomini, il pane e la donna;
i buoni e i peccatori.
Il mio Dio fu un uomo del suo tempo.
Vestiva come tutti,
parlava il dialetto della sua terra,
lavorava con le sue mani,
gridava come i profeti.
Il mio Dio fu debole con i deboli
e superbo con i superbi.
Morì giovane perché era sincero.
Lo uccisero perché lo tradiva la verità che era
nei suoi occhi.
Ma il mio Dio morì senza odiare.
Morì scusando più che perdonando.
Il mio Dio è fragile.
Il mio Dio ruppe con la vecchia morale
del dente per dente,
della vendetta meschina,
per inaugurare la frontiera di un amore
e di una violenza totalmente nuova.
Il mio Dio gettato nel solco,
schiacciato contro terra,
tradito, abbandonato, incompreso,
continuò ad amare.
Per questo il mio Dio vinse la morte.
E comparve con un frutto nuovo tra le mani:
la Resurrezione.
Per questo noi siamo tutti sulla via
della Resurrezione:
gli uomini e le cose.
E' difficile per tanti il mio Dio fragile.
Il mio Dio che piange,
il mio Dio che non si difende.
E' difficile il mio Dio abbandonato da Dio.
Il mio Dio che deve morire per trionfare.
Il mio Dio che fa di un ladro e criminale
il primo santo della sua Chiesa.
Il mio Dio giovane che muore
con l'accusa di agitatore politico.
Il mio Dio sacerdote e profeta
che subisce la morte come la prima vergogna
di tutte le inquisizioni della storia.
E' difficile il mio fragile amico della vita.
Il mio Dio che soffrì il morso
di tutte le tentazioni.
Il mio Dio che sudò sangue
prima di accettare la volontà del Padre.
E' difficile questo mio Dio,
questo mio Dio fragile,
per chi pensa di trionfare soltanto vincendo,
per chi si difende soltanto uccidendo,
per chi salvezza vuol dire sforzo e non regalo,
per chi considera peccato quello che è umano,
per chi il santo è uguale allo stoico
e Cristo a un angelo.
E' difficile il mio Dio Fragile
per quelli che continuano a sognare un Dio
che non somigli agli uomini.


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