giovedì 25 marzo 2010

E' con immensa gioia che. oggi, scopro e ri-scopro, un importante evento avvenuto 25 anni fa.
Avevo 13 anni. Ero "giovane". Avevo mille progetti per il futuro. Avevo mille speranze, incertezze, fantasie. Ero "giovane".
Spesso a questa parola mi viene da affiancare una similitudine visiva: il verde di una mela che sta per essere raccolta, il verde di un prato proprio uguale ai prati di questi giorni, che traboccani di fiorellini.
A questa età mi sono innamorata per la prima volta. Una delle migliori esperienza di tutta una vita! A questa età ho capito il reale significato della parola "orfano". A questa età ho iniziato a pormi tante, tantissime domande, specialmente su Dio. Ora rammento con molta tenerezza, gli  infiniti minuti in cappellina davanti al Crocifisso esortando in rabbioso silenzio "Fatti vivo! Dammi un segno che esisti, se è vero!Scendi di lì!", pensando in primis alla mia condizione, ma poi anche alla fame nel mondo, alla pace, alle ricchezze mal distribuite...
Ora scopro che in quel mentre, GPII era in piena redazione della "Dilecti Amici", una lettera che, oggi, rileggo tutta d'un fiato. Per chi ha tempo e voglia, è da leggere, attualissima ma, soprattutto, sembra calzare addosso ad ognuno.
In questo senso, si può dire che la giovinezza è «la scultrice che scolpisce tutta la vita», e la forma, che essa conferisce alla concreta umanità di ciascuno e di ciascuna di voi, si consolida in tutta la vita.

Se ciò ha un importante significato positivo, purtroppo può anche avere un importante significato negativo. Non potete coprirvi gli occhi davanti alle minacce, che vi insidiano durante il periodo della giovinezza. Anche esse possono imprimere il loro segno su tutta la vita.
e ancora,
in questo campo le parole di Cristo: «Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi», diventano un programma essenziale. I giovani - se così ci si può esprimere - hanno congenito il «senso della verità». E la verità deve servire per la libertà: i giovani hanno anche spontaneo il «desiderio della libertà». E che cosa significa essere liberi? Significa saper usare la propria libertà nella verità: essere «veramente» liberi. Essere veramente liberi non significa affatto fare tutto ciò che mi piace, o ciò che ho voglia di fare. La libertà contiene in sé il criterio della verità, la disciplina della verità. Essere veramente liberi significa usare la propria libertà per ciò che è un vero bene. Continuando dunque: essere veramente liberi significa essere un uomo di retta coscienza, essere responsabile, essere un uomo «per gli altri».
Tutto questo costituisce il nucleo interiore stesso di ciò che chiamiamo educazione e, innanzitutto, di ciò che chiamiamo auto-educazione. Sì: auto-educazione! Infatti, una tale struttura interiore, dove «la verità ci fa liberi», non può essere costruita solamente «dall'esterno». Ognuno deve costruirla «dal di dentro», edificarla nella fatica, con perseveranza e pazienza (il che non è sempre così facile ai giovani). E proprio questa costruzione si chiama auto-educazione. Il Signore Gesù parla anche di questo, quando sottolinea che solo «con la perseveranza» possiamo «salvare le nostre anime» (cfr. Lc 21,19). «Salvare la propria anima»: ecco il frutto dell'auto-educazione.
E tanto, tnatissimo altro ancora. Tocca tutti ed ognuno i temi della vita, in un modo così semplice che arriva diretto al cuore.
E ora, alla luce dei venticinque anni trascorsi, sento quanto sia reale e vera ogni parola in essa contenuta, almeno per me, che, a quei tempi, ero distante davvero anni luce da qualsiasi cosa assomigliasse a "fede".
Tra pochi giorni sarà l'anniversario della sua scomparsa. Quella sera io,come penso molte altre persone, piangevo e supplicavo il Signore che rendesse più lieve il passaggio. Lolek, come ogni grande uomo, rimane. Per sempre.  Anzi, addirittura, come scrive l'attuale Papa,
(Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Questa domanda del giovane del Vangelo appare lontana dalle preoccupazioni di molti giovani contemporanei, poiché, come osservava il mio Predecessore, “non siamo noi la generazione, alla quale il mondo e il progresso temporale riempiono completamente l'orizzonte dell'esistenza?” (Lettera ai giovani, n. 5). Ma la domanda sulla “vita eterna” affiora in particolari momenti dolorosi dell’esistenza, quando subiamo la perdita di una persona vicina o quando viviamo l’esperienza dell’insuccesso. )

Ma cos’è la “vita eterna” cui si riferisce il giovane ricco? Ce lo illustra Gesù, quando, rivolto ai suoi discepoli, afferma: “Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22). Sono parole che indicano una proposta esaltante di felicità senza fine, della gioia di essere colmati dall'amore divino per sempre.
Ho imparato a vivere, da qualche anni ormai, un po' con questa idea in testa: "Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia”. Con questa speranza, resto agganciata alla vita,  a questa vita, sapendo che, certamente, un giorno ci  re-incontreremo. E tutto ciò che di bello ho dimenticato, che è rimasto offuscato dal passare del tempo, prenderà finalmente vita, per sempre.

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