domenica 1 settembre 2024

Quel che hai dentro

A proposito di Abitare il cuore.
A proposito del Vangelo di oggi.

"Tante esperienze spirituali terminano perchè esiste la pretesa contraddittoria di voler toccare il cielo senza abbracciare l'abisso dell'anima.

Si offre ciò che si ha e si è, ma solo in pochi sono pacificati con la loro parte peggiore. 
Per poter dire "Eccomi!" a qualcuno o alla vita, per poter dire "L'anima mia magnifica..." e quindi essere presente nelle cose del quotidiano, per poter dire "A te innalzo l'anima mia..." e quindi essere aperto a tutta la vita, bisogna prima acquisire familiarità con se stessi, con ogni parte di se stessi e sebbene la nostra "parte migliore" la vantiamo, la "peggiore" la nascondiamo, fino a non conoscerla, facendo danni assurdi a noi e agli altri (perchè prima o poi torna).

Cosa dai se non sai chi sei o cosa hai? 
Cosa dai se non conosci tutto lo spazio in cui puoi muoverti: dalle forze alle debolezze?

Perchè, non puoi sempre prendere (come i bambini), ma ad un certo punto devi anche dare se sei maturo... 
Ma cosa dai se non sai chi sei?

Molte persone abbandonano domande di senso poco dopo la giovinezza, accontentandosi di surrogati di risposte che le fanno vivere come vagabondi, soprattutto quando la vita aumenta e quelle domande evitate si amplificano fino a diventare insopportabili.

È così che il cuore invecchia: fermando le domande di senso sulla vita: chi sono? Perchè vivo? Qual è il mio fine?
Così, il cuore si fa duro, di "pietra" e se nel cuore non entra luce, non c'è luce da dare. 
Se nel cuore resta inquietudine, solo quella si può dare.

La vita, infatti, si decide "dentro", non fuori di noi e a dirlo non sono belle parole, ma è la prova di un bambino che cresce "dentro" la pancia e non fuori di una madre: la vita cresce sempre dentro! Nel cuore, nella parte spirituale di noi, solo lì la parte più buia può guarire. Solo da lì può uscire bene.

La rendo piu semplice.
Ieri sono salito su un Sup per la prima volta. Ho provato a stare in equilibrio impegnandomi fin da subito per questo obiettivo, ma oscillavo troppo, le gambe erano tese, non capivo quanta forza mettere nel remo per muovermi e non sbilanciarmi...

Sapete quando ho capito come stare sul Sup? 
Provando a restare in piedi, difendendomi dalla paura di cadere? 
No, tutt'altro: dopo esser caduto in acqua! Nella parte più "buia", "estrema" di quell'esercizio ho capito dov'era l'estrema distanza opposta, quella dell'equilibrio più utile a navigare. 

Senza passare per la parte più buia di noi, non possiamo scoprire la massima luce che siamo, il bene che possiamo, il dono che dobbiamo. 
A noi.
Agli altri.".

Alberto Zuccalá

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