Kĕfar Naḥūm «villaggio della consolazione». Kinneret, l'arpa. 153.
Devastato da un lutto, difficilmente riesci a fare altro se non svegliarti e capire che sarà un altro giorno di dolore; spesso, più che nel ricordo della vita passata insieme a quella persona cara, si ripropongono quei momenti più difficili, drammatici, lunghi o corti, poco importa.
Potresti aver ricevuto la notizia dal nulla, come potresti aver vissuto l'agonia precedente alla morte, insieme. Non fa differenza.
Se hai amato, farai fatica a far pace con quel dolore, lo porterai sempre con te.
In fondo, questo è quello che tutto noi proviamo, nel cuore, quando perdiamo una persona cara.
Come degli automi, cerchiamo le uniche certezze che rimangono: ciò che siamo stati, la nostra vita che ci rimane tra le mani. E da li' ricominciamo; o si va a tentoni, provando e riprovando a ricominciare...
Si torna a casa, nel nostro cuore, senza un pezzo di anima. Nella nostra Betsaida, nella nostra Cafarnao a riprendere le piccole barchette e pescare, chè bisogna lavorare per mangiare, per vivere.
E si prova -un giorno dopo l'altro - a recuperare quella specie di "normalità" anche quando non riusciamo a cavare un ragno dal buco, ogni giorno con la speranza di fare meglio, se c'è.
Niente, nel buio delle nostre notti, non riusciamo a concludere nulla, nemmeno a trovare riposo. E la notte è lunga.
Ma prima o poi finisce, dura fino a quando non arriva l'alba e la sua luce. Allora ci vediamo chiaro. Solo allora.
E, finalmente, i nostri cuori trovano Pace. Una Pace faticosa, pesante.
Ecco, oggi penso che 153 è la chiave.
153. Non uno in meno, non uno in più. Deve averli contati. Uno ad uno.
Trilapi, Barbi e Sardine. I barbi, che sono delle carpe, possono pesare fino a 6 chili.
Facciamo 2 chili a pesce, sono 306. Trecentosei chili in spalla sono tanti. Troppi.
Ecco.
Il peso dei pensieri, dei problemi che ti porto.
Tu li chiedi. Tu, chiedi a me, che te li porti.
"Avete qualcosa con cui fare companatico con il mio? ". (Gv 21, 5)
Quel companatico che è il Tuo Pane...
Poi, arrivo io con tutta la fatica che si fa, con le spalle curve sotto a certi pesi e Tu, sei pronto, col fuoco acceso e mi fai vedere che c'è già anche dell'altro pesce...
E mi accorgo che quel pesce che ho trascinato, ero io... chissà... forse... era tutta la mia vita, li, nel tuo sorriso, che mi dici "Vieni ! Vieni a mangiare, dai!" (Gv21, 12)
Questa è Risurrezione, ancora. Piano piano. Sussurrata, ogni giorno.
E' fermarsi ad ascoltare. E' accogliere ciò che viene. E' fare spazio all'Amore, anche quando sembra talmente impossibile da non crederci mentre invece,Tu , ci scommetti sempre, malgrado i nostri, i miei tradimenti.
Io con la pancia piena, credendomi felice, satolla e sazia, ma la mia gioia non è ancora piena.
Perchè per tutte le volte ( e non sono tre, Pietro.... , sono tante, tante di più, credimi!) avrò bisogno che Lui mi chieda quanto Gli voglio bene. (Gv 21, 15-19). Deve sentirmelo dire., non per Lui, ma ... per me.
Questo è Risurrezione. Ancora. Piano piano, Sussurrata, ogni giorno.
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