lunedì 10 aprile 2023

Evelyn

Tutta presa, come credente, dal bellissimo lieto fine della Pasqua di Risurezione, dalla veglia di Pasqua, gli auguri dati, gli abbracci ben selezionati, questo si, quello no, le uova, e mettiti a cucinare, e due primi e  il pranzo...
Ecco la bella sberla in pieno volto.
Sono ancora qui, che giro su me stessa, come un bolide in corsa appena colpito da qualcosa. 

Sta stramaledetta ladra, che ruba tutto.

Tutto. 

Arriva, scassina porte e finestre, fa quel che deve fare e se ne va. 

Anzi no, resta.
Resta accanto a te a ricordarti che sei un soffio, forse anche meno.

E, mentre piroetto vertiginosamente sul mio stesso asse,  cerco di mettere ordine ma provateci voi a fare ordine mentre si gira su se stessi.

La storia è lunga, molto lunga, una quarantina di anni, quattrodicimilaeseicento giorni circa, un po difficile da scrivere qui ma il succo è, in sintesi, la morte.

Maledettissima. 
Di promesse non compiute, di tempo che non scorre più. 

La mia amica non voleva.
Aveva una figlia da crescere. Una figlia che era in cima ad ogni suo pensiero, con tutte le preoccupazioni di madre sola, unica genitrice di una quindicenne, in un contesto difficilissimo e complicato -economicamente e in ambito sociale- come può esserlo il Venezuela degli anni 2000.
La mia Evelyn non voleva. 
Aveva già sconfitto un bruttissimo male. 
Era forte, ottimista, sorridente, la mia Evelyn.
Non voleva.

Ed io, di nuovo, mi ritrovo a cercare un senso a una roba che mi rincorre da tantissimi anni:  la morte.
Penso sempre di essermici abituata.
Poi arriva lei e porta via tutto.
Il giorno di Pasqua.
Dev'essere un segnale.
I frutti della vita e dell'amore di Evelyn, lo scriveva ai tanti che mi si sono fatti vicini in queste ore, si vedono gia: tutti si stringono ai ricordi, a com'era, a cosa è stata per chi l ha conosciuta, alla ricchezza di umanità. 
Lei, che ci teneva così tanto alle relazioni, ci ha uniti tutti.
Ed è proprio questa lontananza fisica di oltre 30 anni, che mi ha abituata alla sua vicinanza dell'anima: solo chi sperimenta la distanza dai propri cari, ne capisce la loro vicinanza, la percepisce con altri sensi, che non sono quelli che, per natura, ci abituiamo ad usare.
È stato un allenamento decennale, che mi aiuta a questa separazione e a considerarla non definitiva. 
E tutto quel che fino a poco tempo fa consideravo irreparabile diventa un vantaggio: io non c'ero al funerale di mia madre, chi decideva per me mi reputo' troppo piccola per il saluto e me lo porterò in groppa per il resto dei miei giorni; non potei salutare nemmeno mio padre, perché ci separava un oceano d acqua e di burocrazia; ora tu, Evelyn. Forse questi non saluti sono li, apposta. Stanno a dirmi che, in realtà, siete sempre con me, dentro di me, in connessione continua e, se aguzzo la vista e l' udito del cuore, mi parlate ancora. Per l' eternità. 


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